Critical acclaimed
4
Da The Kal 25
Dall'ascesa alla discesa. Dalle stelle alle stalle direbbero tutti. Non è vero però che quando c'è il declino, in quel piccolo sprazzo di volontà non ci sia un lavoro di buona fattura.
Del resto si impara dai propri errori per poter ascendere ancora verso l'olimpo degli Dei.
Così si prestano a diventare i Linkin Park con l'uscita del loro quarto album e primo concept A THOUSAND SUNS, un album influenzato moltissimo dalla musica elettronica e dall'abbandono definitivo di chitarre pesanti, che a stento nell'album precedente si riuscivano a percepire.
Il disco, come è stato già detto, è un concept album, ovvero una storia raccontata su un tema principale, in questo caso la macchina. E come non collegare la macchina elettrica alla musica elettronica? Questo lavoro si basa soprattutto su intro e interludi (ce ne sono in abbondanza in questo album) che fanno da filo conduttore, cioè collegano una canzone a un'altra, mantenendo lo stesso ritmo e la stessa grinta che hanno creato i sei californiani.
Il nuovo sound farà da capolino in tracce come When they come for me, la stupefacente ballad Waiting for the end, fino a canzoni dove è stato sperimentato l'elettronica pesante come Wretches and kings oppure Blackout. Ben fatta quest'ultima soprattutto per lo scream aggressivo di Chester Bennington accompagnato da un sound macchinoso e pesante.
La traccia di lancio The catalyst è la complessiva, quanto conferma, di come questi ragazzi sanno sperimentare, sanno lavorare duramente mantendo il passo, è la crescita artistica per eccellenza e se al primo play vi sentirete spaesati per la totale diversità che vi catapulterà la canzone, aspettate di sentirla almeno una seconda volta per capire quanto duro lavoro ci hanno messo questi ragazzi.
Oltre alla ballad, anche altre canzoni lente e orecchiabili saranno pronte per gli ascoltatori: Burning in the skies e Iridiscent ne sanno qualcosa in proposito.
La closing track: The messanger, sarà un inno di chiusura e di speranza... un'ottima chiusura su un tema portante come quello trattato in questo disco.
Complessivamente, l'album supera la sufficienza grazie al duro lavoro di un anno e mezzo e alla grinta del sestetto di voler sperimentare e sperimentare ancora. Come abbiamo già detto il buon lavoro c'è, il pubblico un po' meno, e questo causa una drastica discesa verso terra; ma in sostanza l'album merita almeno un ascolto.
Voto Buono
The Kal.